Franca Sacchi
Franca Sacchi ha dedicato tutta la sua vita alla musica, alla danza e allo yoga.
Fra le pochissime presenze femminili che tra '60 e '70 si dedicarono alla musica elettronica in Italia, e più in generale fra le pochissime donne attive in ambito musicale in quegli anni, la maestra milanese ha alle spalle un percorso di intensa ricerca, cresciuto tra le maggiori città d’Europa, esplorato sotto l’egida di grandi maestri e fluito fra la composizione più classica e ardita sperimentazione elettroacustica.
Classe 1940, Franca Sacchi nasce a Milano, in seguito principale centro di formazione e attività della danzatrice, pittrice, maestra di yoga e musicista.
È evidente fin dalla tenerissima età che si tratta di una bambina prodigio, al cui orecchio assoluto si uniscono una naturale propensione verso la musica e la fortunata presenza di una famiglia che supporta pienamente le sue tensioni espressive.
Ancora bambina, Franca Sacchi accede al Conservatorio Giuseppe di Verdi di Milano e studia pianoforte e composizione sotto la guida di Luigi Molfino. Conclude con successo gli studi in tempi rapidissimi, ma si annoia terribilmente (la noia guiderà molte delle sue scelte ed evoluzioni): i contenuti che studia le sono tutti in qualche modo già noti e non la stimolano, risultando a tratti più esercizi tecnici che vere e proprie scoperte musicali in grado di dipanare il suo complesso intrico creativo.
Percependo la necessità di creare forme di musica nuove, inizia a maturare un crescente interesse verso l’elettroacustica e si dedica a un'intensa attività di ricerca e sperimentazione tra l’Office de Radiodiffusion Télévision Française di Parigi, lo studio del pioniere della musica elettronica Léo Kupper a Bruxelles e soprattutto lo Studio di Fonologia Musicale Rai a Milano.
Adolescente enigmatica, per alcuni aspetti oscura, parallelamente agli studi musicali la Sacchi intraprende anche un intenso lavoro sulla danza, che continuerà per tutta la vita.
Ma soprattutto, ancora giovanissima, si avvicina allo yoga. Questa scelta viene dalla noia per la ginnastica occidentale all’inizio si avvicina all’Aikido e allo Yoga. Le cominciano poi a chiedere di insegnare Yoga e lei decide di focalizzarsi (anche perché dell’Aikido teme le cadute) sulla pratica millenaria indiana.
Studia in India e in Europa con i più grandi Maestri e Guru come Swami Satyananda Sarasvati di Mongyr, Swami Gitananda, Gérard Blitz, André Van Lisebeth, Roger Clerc, Nil Haouthoff.
Apre il suo primo centro nel 1968 (anno in cui tra l’altro comincia a dedicarsi anche alla pittura) a Milano, a cui seguono quelli di Torino e Roma (oggi rimane quella di Roma oltre a quella di Milano e il suo approccio viene definito il più severo d’Italia, ma come dice lei è solo una concezione “seria” dello Yoga).
Nel 1979, in India, diventa Svami Om-Murti Saraswati, quando ha già al suo attivo ben dieci anni di scuola, tra cui la prima scuola italiana di formazione insegnanti Yoga, per conto della Federazione Italiana Yoga.
Il suo è un insegnamento personalizzato in cui assegna le asana e la pratica in generale sulla base dello stato psico-fisico dell’allievo.
Attratta dal sacro, dalla religione e dall’occulto, introduce nella sua formazione lo studio del canto lirico, a cui unisce quello della musica sacra. Consegue così il Magistero in musica sacra e canto gregoriano al Pontificio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra, pur negando per tutta la vita legami religiosi particolari e intendendo invece la sacralità in senso strettamente etimologico, dal latino sacer come “inviolabile” perché –così la Sacchi- "secreto nella parte più profonda e intima di sé".
Il suo insegnamento, ispirato all'amore per il bello, si centra sulla formazione della persona.
La musica rappresenta per lei una ricerca interiore, francescana nel significato più puro, che sorge stimolata dalla bellezza delle cose e, come i nativi americani chiedevano scusa all’erba prima di calpestarla, così l’artista milanese sembra volersi discolpare nei confronti degli elementi a cui ha rubato tanta bellezza.
Il suo è un percorso in cui musica, danza e yoga si uniscono ed infatti dice: "La mia musica è il risultato di un lungo periodo di meditazioni, una presa di coscienza di me stessa globalmente... Rifiuto l'organizzazione formale, la ricerca di relazioni imposte ai suoni o ai movimenti, la razionalizzazione "dall'esterno", il ritmo imposto... Rispetto il ritmo vitale, biologico, soprattutto ontologico. L'operazione è quindi ora sul soggetto, è sull'essere vivente, in quanto vivente e in quanto essere..."
Il principale concetto che permette di riassumere la sua storia è "En-statica", felice integrazione di elementi come improvvisazione, danza, rito, insegnamento e performance, meditazione e naturalmente anche musica elettronica.
En-statico vuoi dire partire da dentro, andare sempre più in profondità dunque, dove il corpo si fa musica divenendo inscindibile da essa.