Differenze tra le versioni di "Sri Aurobindo"
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In questo periodo cominciava a firmare i suoi articoli con Sri Aurobindo. L'opera centrale di Sri Aurobindo è stata riassunta nel libro “La sintesi dello yoga”, in cui raggiunge la sintesi o l'essenza universale di tutti i rami delle scuole e degli insegnamenti yoga e in cui sembra riassumersi tutta la sapienza religiosa e filosofica dell'India. | In questo periodo cominciava a firmare i suoi articoli con Sri Aurobindo. L'opera centrale di Sri Aurobindo è stata riassunta nel libro “La sintesi dello yoga”, in cui raggiunge la sintesi o l'essenza universale di tutti i rami delle scuole e degli insegnamenti yoga e in cui sembra riassumersi tutta la sapienza religiosa e filosofica dell'India. | ||
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Nel frattempo, dal 24 aprile 1920, Mirra (chiamata in seguito Mère, La Madre) si era stabilita definitivamente a Pondicherry, accanto a Sri Aurobindo, per collaborare con lui alla sua ‘opera’. Nel 1926 Sri Aurobindo si ritirò nella propria stanza per meglio proseguire il lavoro spirituale, per “elaborare ogni cosa”, lasciando la responsabilità e la cura dell’Ashram (100 discepoli negli anni ’30, 741 nel 1950) alla Madre. Nel frattempo continuò a scrivere e rivedere le proprie opere; in particolare, negli ultimi anni, si dedicò alla stesura di Savitri, un poema di 23.813 versi, il più lungo mai scritto in lingua inglese, che comprende tutte le tematiche del suo operato e della sua esperienza. Il poema venne terminato nel 1950, anno in cui, all’età di 78 anni, Sri Aurobindo lasciò il corpo, il 5 dicembre. | Nel frattempo, dal 24 aprile 1920, Mirra (chiamata in seguito Mère, La Madre) si era stabilita definitivamente a Pondicherry, accanto a Sri Aurobindo, per collaborare con lui alla sua ‘opera’. Nel 1926 Sri Aurobindo si ritirò nella propria stanza per meglio proseguire il lavoro spirituale, per “elaborare ogni cosa”, lasciando la responsabilità e la cura dell’Ashram (100 discepoli negli anni ’30, 741 nel 1950) alla Madre. Nel frattempo continuò a scrivere e rivedere le proprie opere; in particolare, negli ultimi anni, si dedicò alla stesura di Savitri, un poema di 23.813 versi, il più lungo mai scritto in lingua inglese, che comprende tutte le tematiche del suo operato e della sua esperienza. Il poema venne terminato nel 1950, anno in cui, all’età di 78 anni, Sri Aurobindo lasciò il corpo, il 5 dicembre. |
Versione delle 14:45, 24 set 2020
“Vedo che ti sei ostinato a fornire una mia biografia: è davvero necessaria o utile? Il tentativo è destinato a fallire, perché né tu né nessun altro sa nulla della mia vita; essa non è avvenuta in superficie, dove gli uomini avrebbero potuta conoscerla.” Sri Aurobindo (Volume 26, SABCL, "On Himself", p.378)
ARAVINDA GHOSE (Sri Aurobindo) nacque a Calcutta il 15 agosto 1872. Il suo nome, che in lingua bengali significa “loto”, fu presto anglicizzato in ‘Aurobindo’ ed è con questo nome che viene conosciuto. All'età di sette anni fu mandato, con i suoi due fratelli, a studiare in Inghilterra; prima nella scuola inglese di Darjeeling, poi alla St. Paul’s School di Londra; si interessò molto alla storia e alla letteratura europea vincendo perfino dei premi. Imparò anche molte lingue tra cui latino, inglese, tedesco, italiano, francese. Successivamente, grazie a una borsa di studio fu ammesso al King’s College di Cambrige dove stupì per la solida padronanza delle lingue e per la conoscenza delle letterature classiche ricevendo numerosi premi accademici.
Nel 1893 tornò in India e si stabilì presso il Maharaja di Baroda. È in questo periodo che iniziò a conoscere la letteratura e la filosofia dell’India antica, rendendosi nello stesso tempo osservatore partecipe dell’attuale stato di schiavitù della sua gente. Nello stesso anno ebbe il coraggio di denunciare, in un articolo, il Congresso del Bengala: “Morente di consunzione... in un’era in cui democrazia e altri termini altisonanti scorrono nei nostri discorsi in modo così fluente, un corpo come quello del Congresso, che non rappresenta la massa della popolazione, bensì una classe singola e limitata, non può onestamente definirsi Nazione.”
Cominciarono così gli anni ‘giornalistici’ e politici di Sri Aurobindo, che si dedicò attivamente alla causa nazionale e divenne uno dei leader più popolari della gioventù radicale del Bengala: fu tra gli editorialisti dell’Amrita Bazaar Pratika, primo direttore del Bengal’s National College e poi co-direttore del Bande Mataram, tutti giornali che ebbero un ruolo decisivo nella formazione del movimento indipendentistico. Formò un nuovo partito politico unendo il gruppo progressista di giovani del congresso con il partito moderato e lo persuase ad assumere il quotidiano Bande Mataram, che cominciò così a circolare in tutta l’India, come proprio portavoce politico. Sri Aurobindo fu il primo ‘politico’ in India a preoccuparsi di dichiarare apertamente attraverso le pagine del giornale, la completa e assoluta INDIPENDENZA quale scopo dell’azione politica in India. Sempre tramite il giornale promosse un’azione di educazione nazionale e varie incisive azioni di non cooperazione, resistenza, boicottaggio, sabotaggio nei confronti del governo britannico in India.
Nel 1907 Sri Aurobindo (insieme ad altri patrioti del nazionalismo bengalese) fu arrestato e successivamente incarcerato nella prigione inglese di Alipore, dove rimase per un anno (tempo impiegato per le indagini ed il processo) al termine del quale fu scagionato e liberato. Dal momento in cui aveva rimesso piede sul suolo indiano dopo la sua assenza, Sri Aurobindo aveva avuto una serie di esperienze comunemente dette ‘spirituali’, pur senza sapere nulla a proposito di Yoga, che praticò da solo, continuando contemporaneamente a portare avanti anche l’azione politica senza alcun contrasto tra le due cose. Nel 1908 si incontrò con un guru, Visnu Bashkar Lelé, seguendo le istruzioni del quale in soli tre giorni riuscì ad entrare nel silenzio assoluto della mente, realizzando così il Nirvana (o Brahman, in cui l’universo appare come irreale di fronte all’unica Realtà di ‘Quello’). Da quel momento questo silenzio non lo lasciò più, e tutte le attività mentali, le parole, la scrittura, il pensiero e la volontà gli fluirono da una sorgente al di sopra della mente cerebrale; era entrato in quella che lui definì in seguito la coscienza supermentale. Questa fu la base del suo Yoga. Egli stesso scrisse in una lettera: “… Cominciai il mio Yoga nel 1904 senza un guru; nel 1908 ricevetti un aiuto importante da uno Yogi Maharatta e scoprii le fondamenta della mia sadhana, ma da allora, finché la Madre non giunse in India, non ricevetti aiuto spirituale da nessun altro. La mia sadhana, prima e poi, non era fondata sui libri, ma su esperienze personali che si affollavano in me dall'intimo. In carcere tenni con me la Gita e le Upanishads; praticai lo Yoga della Gita e meditai con l’aiuto delle Upanishads, questi furono i soli libri nei quali trovai una guida; i Veda, che cominciai a leggere per la prima volta molto tempo dopo a Pondicherry, anziché guidare la mia sadhana, piuttosto confermarono le esperienze che avevo già avuto”.
Sri Aurobindo aveva adottato nella sua sadhana il principio di affidarsi completamente solo al Divino e alla sua guida, sia nella pratica spirituale che nelle azioni esteriori. Durante l’anno di prigione ad Alipore egli dedicò quasi tutto il tempo alle letture di cui sopra, alla meditazione e alla pratica dello Yoga. Se la realizzazione del “Brahman Silenzioso” ottenuta con Lelé era stata inizialmente accompagnata dalla percezione della totale irrealtà del mondo, questa percezione scomparve dopo la seconda realizzazione, che si verificò nella prigione di Alipore: quella della coscienza cosmica e del Divino in tutti gli esseri e in tutto ciò che è. Sri Aurobindo aveva inizialmente intrapreso lo Yoga con l’idea di acquisire forza ed energia spirituali e una guida per la sua attività nella vita. Ma ora l’esperienza e la realizzazione spirituali interiori, che avevano continuato a crescere in grandezza e universalità, divennero il fondamento della sua vita, mentre il suo lavoro cominciò a esserne una parte e un risultato, oltrepassando poi ampiamente lo scopo iniziale di servizio e liberazione del paese per stabilirsi in un più vasto fine che riguardava tutto il mondo e il futuro dell’umanità.
Quando Sri Aurobindo uscì dalla prigione decise di continuare la battaglia nonostante il Governo rimanesse determinato a liberarsi di lui. Una notte egli fu informato che il governo aveva intenzione di perquisire l’ufficio dove dormiva e di arrestarlo; mentre rifletteva sul da farsi ricevette un comando interiore, a cui obbedì senza esitazione: andare a Chandernagore, nell’India francese, e più tardi a Pondicherry. Da quel momento lasciò cadere ogni partecipazione esteriore all’attività politica pubblica. Vide che l’indipendenza dell’India era assicurata dall’azione di forze di cui era divenuto cosciente e che non vi sarebbe stato bisogno di una insurrezione armata. In disparte da tutto ciò, gli divenne sempre più chiara l’importanza del lavoro spirituale e concentrò tutte le proprie energie su di esso. Ma questo non significava che si fosse ritirato in qualche altezza di esperienza spirituale, privato di qualsiasi ulteriore interesse per il mondo o il destino dell’India, poiché l’autentico principio del suo Yoga non è solo quello di realizzare una Coscienza superiore, ma è andare oltre, alla ricerca di un’esperienza più completa che unisce e armonizza i due limiti dell’esistenza, lo Spirito e la Materia.
Inizialmente Sri Aurobindo visse in ritiro a Pondicherry insieme a quattro o cinque compagni. In seguito sempre più persone vollero seguire il suo ‘sentiero’ spirituale e il numero di discepoli divenne così grande da dare vita, nel 1926, a un Ashram (oggi denominato Sri Aurobindo Ashram e costituito da 1400 membri che vivono e lavorano in più di 400 edifici) che non fu in realtà istituito, ma crebbe spontaneamente. Nel 1914 Sri Aurobindo fondò, insieme a Mirra Alfassa e a Paul Richard, il mensile filosofico bilingue “Arya”, nel quale pubblicò in pochi anni buona parte delle sue opere (19 libri in 7 anni). In questo periodo cominciava a firmare i suoi articoli con Sri Aurobindo. L'opera centrale di Sri Aurobindo è stata riassunta nel libro “La sintesi dello yoga”, in cui raggiunge la sintesi o l'essenza universale di tutti i rami delle scuole e degli insegnamenti yoga e in cui sembra riassumersi tutta la sapienza religiosa e filosofica dell'India.
Tra le numerose opere di Sri Aurobindo si possono citare anche: “Lettere sullo yoga”, “La Vita Divina”, “Guida allo yoga”. Ma la sua opera di più grande rilievo sotto ogni aspetto è il poema “Savitri“.
Nel frattempo, dal 24 aprile 1920, Mirra (chiamata in seguito Mère, La Madre) si era stabilita definitivamente a Pondicherry, accanto a Sri Aurobindo, per collaborare con lui alla sua ‘opera’. Nel 1926 Sri Aurobindo si ritirò nella propria stanza per meglio proseguire il lavoro spirituale, per “elaborare ogni cosa”, lasciando la responsabilità e la cura dell’Ashram (100 discepoli negli anni ’30, 741 nel 1950) alla Madre. Nel frattempo continuò a scrivere e rivedere le proprie opere; in particolare, negli ultimi anni, si dedicò alla stesura di Savitri, un poema di 23.813 versi, il più lungo mai scritto in lingua inglese, che comprende tutte le tematiche del suo operato e della sua esperienza. Il poema venne terminato nel 1950, anno in cui, all’età di 78 anni, Sri Aurobindo lasciò il corpo, il 5 dicembre.